Nel Pd si cerca la gestione unitaria tra veti e difficoltà

Elly Schlein dopo la nomina di Stefano Bonaccini a prsidente del PD deve ora affrontare gli altri nodi per arrivare a una gestione unitaria e evitare quanto più possibile speccature e defezioni.
L’asse tra la segretaria e il presidente del partito tiene, ma deve fare i conti con le resistenze all’interno delle rispettive aree e per comporre il nuovo organigramma Pd ci vorrà ancora qualche giorno. Il leader della minoranza deve persuadere tutti i suoi – a cominciare da quelli di Base riformista – ad accettare la logica della gestione unitaria, ma anche la segretaria ha il suo da fare perché molti dei suoi sostenitori, dopo che Bonaccini ha preferito la presidenza al ruolo da vice-segretario, pensano che alla minoranza si debba concedere solo qualche posto in segreteria, ma non un capogruppo e nemmeno il posto da vice.
Soprattutto l’idea che entrambi i capigruppo tocchino alla maggioranza, dal momento che il presidente dell’Emilia Romagna ha preferito il ruolo “di garanzia”, trova la resistenza di Base riformista: “Se deve essere gestione unitaria perché dovrebbero negarci un capogruppo?”, dicono.
Ma Base riformista forse neppure la vorrebbe questa gestione unitaria:, “si può essere leali e collaborare anche nella distinzione dei ruoli”, dice un dirigente. E, in ogni caso, “bisogna capire lo schema complessivo, aspettiamo che la segretaria metta sul tavolo delle proposte concrete: un conto è se vengono proposte deleghe importanti, altra cosa è se si limitassero ad offrirci qualche incarico tanto per dire che allargano la segreteria anche a noi”. Soprattutto, più di un dirigente della minoranza nega che l’accordo sulla presidenza preveda appunto che i capigruppo siano appannaggio solo della maggioranza.
Ma anche dal lato Schlein le cose non sono del tutto tranquille. Più di un parlamentare di maggioranza, infatti, sostengono che il gruppo del Senato non può assolutamente andare alla minoranza, che vorrebbe metterci Alessandro Alfieri: “Ricordiamo tutti cosa accadde con Andrea Marcucci”, dice più di un parlamentare. “Faceva il contraltare alla linea di Zingaretti segretario”.
Più logico dunque che sia Francesco Boccia a prendere il testimone da Simona Malpezzi.